psicologia

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Il controllo nei disturbi alimentari

Il mese scorso abbiamo parlato del controllo, oggi, invece voglio parlarvi del controllo nei disturbi alimentari.

Più precisamente nei disturbi di anoressia e disturbo da alimentazione incontrollata.

Il primo è caratterizzato dal controllo e dalla restrizione alimentare estremamente rigida, mentre l’altro riguarda frequenti abbuffate e perdita di controllo.

L’elemento che accomuna entrambi questi disturbi è il controllo.

Secondo la teoria cognitiva comportamentale, i disturbi alimentari sono caratterizzati dalla restrizione alimentare, la quale dipende da due elementi.

Il primo riguarda le persone che tendono ad avere un controllo in vari ambiti della propria vita, arrivando a incanalare i propri tentativi di controllo anche nell’alimentazione.

Il secondo elemento, invece, è l’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo, ossia l’interiorizzazione ideale della magrezza.

Questi elementi in comune, hanno portato, Christian Fairburn e i suoi colleghi dell’Università di Oxford, ha sviluppare la teoria trasdiagnostica.

Qui, si collocano tutti i disturbi alimentari, in un’unica categoria.

La persona che ne soffre deve avere i seguenti elementi:

  • disturbo del comportamento alimentare o di controllo del peso per almeno tre mesi;
  • eccessiva valutazione del peso e della forma del peso e del controllo dell’alimentazione;
  • danni alla salute fisica e al funzionamento psicosociali

Nell’anoressia nervosa, caratterizzata da abbuffate, il soggetto sentendosi in colpa, cerca successivamente di restringere ulteriormente la sua alimentazione.

Questo circolo vizioso continua a ripetersi e i soggetti si trovano intrappolati tra l’eccessivo bisogno di controllo e la sua perdita.

Le diagnosi di bulimia nevosa e disturbo da alimentazione incontrollata si caratterizzano per le frequenti abbuffate, ossia la sensazione di perdere il controllo sull’atto del mangiare.

Conseguentemente a questo, l’individuo cercare di riprendere il controllo, con diete rigide ed estreme.

Come si può vedere le persone che sono affette da disturbo alimentare avranno una tendenza a reagire al discontrollo con un controllo estremo.

Il controllo o il troppo controllo può incidere e far nascere dei disturbi alimentari.

 

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Federica OrlandiIl controllo nei disturbi alimentari
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Il controllo: cosa è e come può diventare negativo

Oggi voglio parlarvi del controllo e come questo sia estremamente utile per tutti noi.

Tutti abbiamo un livello di controllo più o meno elevato, che può andare dal discontrollo emotivo /comportamentale a quello dell’iper-controllo.

Quello da fare è muoversi su questa linea in modo flessibile senza arrivare agli estremi.

Se pensate alla parola controllo, questa in ambito psicologico può avere diverse definizioni.

Ad esempio, si può usare per descrivere i processi che coordinano i pensieri e le azioni, controllo cognitivo.

Se vogliamo fare un salto nella storia di questo termine, possiamo farlo risalire allo psicologo statunitense James B. Rotter che lo usò per la prima volta in psicologia nel 1954.

Per la precisione cognò il termine locus of control, che definisce la capacità del soggetto di identificare le cause degli eventi che gli succedono.

Riuscendo a capire se siano dovuti in base ai propri comportamenti, relazioni e azioni o da agenti esterni alla sua volontà.

Chi è in possesso di un locus control interno sarà in grado di agire e modificare le situazioni e gli eventi, grazie a un controllo attivo della propria vita.

Chi invece crede che le cause degli eventi si verificano all’esterno, affronterà le situazioni in modo passivo.

Quindi, il controllo è da intendere come la capacità di inibire i comportamenti indesiderati: autocontrollo.

Questa è una grande qualità perché permette di concentrarsi sugli obiettivi a lungo termine, rinunciando a quelli a breve termine.

Vorrei quindi riportarvi un esperimento fatto dallo psicologo Walter Mischel, negli anni ’60, presso l’Università di Stanford, su questo tema: il Test del Mashmallow.

Su un campione di bambini in età prescolare si valutava la capacità di resistere a una gratificazione immediata, per riceverne una più grande in un secondo momento.

Il bambino solo in una stanza riceveva un mashmallow, che secondo le istruzioni non doveva mangiare, se ci fosse riuscito ne avrebbe ricevuto un altro.

Le soluzioni e le strategie che hanno adottato questi bambini sono state differenti: chi si allontanava, chi non lo guardava, chi cantava una canzone.

Una parte di questi bambini è stata poi testata, anni dopo, con lo Scholastic Aptitude Test (SAT), il test che viene usato per accedere ai college statunitensi.

I risultati che hanno ottenuto da bambini sembravano essere predittivi sulla tipologia di adulti che sarebbero diventati anche in termini di risultati scolastici e lavorativi.

Un maggior autocontrollo ha portato a livelli più alti di autostima e una maggiore capacità di tollerare la frustrazione in età adulta.

Ma se il controllo diventasse un problema?

Tutti possediamo il controllo, ci sono persone più impulsive e quelle più introverse e inibite, che tendono a controllare maggiormente l’espressione emotiva.

Ma l’ipercontrollo può portare gli individui a reagire agli eventi in modo rigido, non riuscendo a modificare il proprio comportamento con il cambiare delle condizioni ambientali esterne.

Quindi, questo è associato a una serie di conseguenze negative.

Le persone ipercontrollate, infatti, tenderanno a cercare ordine e a evitare condizioni rischiose, incerte o non pianificate.

Inoltre, tenderanno a non tollerare le critiche, avranno quindi un alto livello di perfezionismo e di pianificazione.

Tutto questo può avere effetti anche a livello sociale con delle scarse capacità empatiche e una difficoltà nel socializzare e costruire relazioni.

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Federica OrlandiIl controllo: cosa è e come può diventare negativo